06 novembre 2016

Indovina chi viene a cena - Latte

Tutto ciò che riguarda latte e formaggio, la realtà italiana e l’innovazione americana



Bienvenidos! Come avete passato questo lungo week end tra Halloween e festa dei morti? Avete festeggiato con gli amici e passato il tempo in compagnia della famiglia? In ogni caso spero sia stato del tempo piacevole.
Per chi di voi che guarda Report, la domenica su rai 3, si sarà accorto che quest’anno, prima di Report appunto, c’è una nuova mini serie tv “Indovina chi viene a cena”. Sempre sulla falsa riga di Report, lo scopo di queste 10 puntate sarà quello di indagare tutto ciò che riguarda il mondo dell’alimentazione, dei cibi, dell’industria alimentare in Italia e non solo. 
Ritenendo l’argomento interessante poiché ci fa aprire gli occhi su un mondo che a noi consumatori è sconosciuto, ho deciso di fare un breve riassunto di ogni puntata aggiungendo qualche spunto personale, così se non avete 20 minuti o vi dimenticate di guardare la puntata, qui troverete gli highlights riassunti e qual cosina in più.

La prima puntata è dell’11 Ottobre e riguarda il mondo del latte e del formaggio. Più precisamente i punti trattati sono:
Indovina chi viene a cena Rai 3
  • l’allevamento delle vacche da latte e l’evoluzione della vacca da latte
  • un latte rivoluzionario marcato San Francisco USA
  • il sapere comune per cui il latte grazie al calcio fa bene alle ossa

FoodSchool tip: vacca è il termine corretto per indicare la comune mucca, e più precisamente vacca è la femmina che ha partorito almeno una volta. In realtà all’inizio questa parola, per via dell’uso comune volgare, non mi piaceva, ma ora, deformazione professionale, quando sento parlare di mucca mi si rizzano i peli delle braccia, per dire, chiamiamo le cose con il loro nome corretto.

Bene, tip a parte, le vacche possono essere da latte, da carne o a duplice attitudine. Queste ultime sono sempre meno, se pensiamo che la distinzione tra latte e carne è una conseguenza dell’industria alimentare per cui sono state selezionate razze che sono più propense a produrre carne o latte. A noi interessano le vacche da latte. Le principali razze sono: frisona, bruna alpina e jersey. Le principali differenze riguardano: aspetto, ovviamente, quantità e qualità del latte. Rispetto all’ordine scritto sopra, la quantità di latte diminuisce, ma la qualità aumenta. Per qualità intendo il contenuto in grasso e proteine che va aumentando da frisona a jersey.

Da sinistra: Frisona nera e rossa, Bruna alpina, Jersey
La più comune è la frisona, pezzata bianca e nera o bianca e rossa, ossia è la Lola! È la più diffusa negli allevamenti industriali. Questa razza di vacca da latte attraverso selezione naturale, è arrivata a produrre 85-100 quintali di latte a lattazione. Calcolando che una lattazione dura circa 305 giorni, ogni giorno la vacca può arrivare a produrre circa 27 litri di latte al giorno. Questo in condizioni normali e senza l’uso dell’ormone della crescita che viene usato in altre realtà ma non in UE in quanto potrebbe avere conseguenze sulla salute umana. In origine, queste vacche producevano 10 litri di latte al giorno, quando saltellavano nei campi e facevano ciao ad Heidi. No quelle erano le caprette.

Come funziona un allevamento di vacche da latte? Le vacche che raggiungono 1 anno di età sono pronte per essere inseminate, artificialmente, fornire quindi un vitello – vitella e soprattutto latte. La gravidanza dura circa 9 mesi. Da quando partorisce, la vacca verrà nuovamente inseminata dopo 3 mesi. Per i prossimi 7 mesi dal parto, la vacca verrà munta e la quantità di latte andrà diminuendo. 2 mesi prima del parto, la vacca viene messa in asciutta, ovvero cambiate di sala all’interno dell’allevamento e non verrà più munta. Dal momento del parto, la mungitura dura 7 mesi … e ricomincia il ciclo. Le vacche da latte, sottoposte a questo regime di vita, in cui ogni anno sfornano un vitello, vivono circa 4-5 anni, perché vengono consumate. Se pensate è un paradosso date che in natura vivrebbero fino a 15 anni.

Negli allevamenti, le vacche da latte vengono alimentate con carboidrati quindi cereali e sostanza fibrose. Scarso o quasi nullo è l’apporto di erba fresca o selvatica che contribuirebbe a rendere il latte più gialle perché ricco di carotenoidi, più ricco di grassi omega 3 e di CLA. Questi CLA sono acidi grassi Coniugati dell’Acido Linoleico che per via della loro particolare struttura sono anti tumorali dimostrati a livello scientifico. Quindi, oltre alla quantità di proteine e di grassi che cambia da razza di vacca a razza di vacca, la qualità del latte cambia anche per via dell’alimentazione a cui gli animali sono sottoposti.

Il latte prodotto in così grandi quantità serve per soddisfare la domanda di latte fresco da bere, di formaggi e di derivati del latte quali yogurt. Pensate che più del 70% del latte prodotto in Italia è destinato alla caseificazione e più della metà dei formaggi prodotti sono DOP. Quando però andiamo a comprare un formaggio al supermercato, non sempre in etichetta troviamo scritta la provenienza del latte utilizzato per la produzione del formaggio. E attenzione, perché un conto è la provenienza del latte, un conto è l’origine del prodotto finito. Solo per il latte fresco in cui è obbligatorio indicare l’origine del latte e per i formaggi DOP siamo sicuri che il latte utilizzato sia italiano e quindi rispetti le norme di sicurezza italiane. I formaggi che sono prodotti in Italia, ma non sono DOP, potrebbero benissimo essere prodotti con il latte proveniente da altri paesi dell’UE o del mondo, per non parlare del possibile latte in polvere. Questo perché la legge sull’etichettatura dice che il paese di origine di un prodotto è quello in cui avviene la trasformazione più sostanziale. Capite bene che da latte straniero e lavorazione italiana per ottenere formaggio, è in Italia che avviene la trasformazione più sostanziale del latte, e quindi il prodotto è di origine italiana.

In America, a San Francisco, la PerfectDay Foods ha prodotto l’animal-free dairy milk, un tipo di latte che vuole essere il più simile a quello animale da un punto di vita nutrizionale e di gusto, ma senza utilizzare una singola vacca. Com’è possibile? Beh, utilizzando una tecnica simile alla fermentazione della birra e l’ingegno umano. Partendo quindi dallo zucchero e dal lievito lattico ottenuto in laboratorio, attraverso un processo di fermentazione per cui il lievito si nutre dello zucchero e produce le proteine del latte quali siero e caseine. Queste proteine vengono separate e mescolate con vitamine, zuccheri e grassi di origine vegetale e voilà, il latte animale artificiale, senza colesterolo, ormoni e lattosio; ottenuto con prodotti vegetali risparmiano il 91% dell’acqua e del terreno richiesti per ottenere il latte tradizionale. 
Perfect Milk - Animal-free dairy milk
Al primo momento possiamo dire che è una schifezza perché è ottenuta in laboratorio, in modo artificiale, ma se in realtà vengono usati procedimenti ed elementi che esistono in natura …. Beh perché no?! Quando sono venuta a conoscenza di questo progetto mi sono messa alla ricerca di maggiori informazioni, e ho trovato un video in cui il CEO di questa azienda presenta il progetto ad un concorso per ricevere il premio in denaro. 


Io sono rimasta ammaliata, sia perché si capisce tutto, sia perché è veramente un’idea geniale ed innovativa. Mi chiedo veramente come certe persone possano avere idee rivoluzionari di questo tipo. Secondo me o c’hai il gene per queste idee o non ce l’hai. Io sono tra il non ce l’hai, o almeno non ho ancora avuto quella illuminazione che dici, si cavolo, può veramente funzionare. Poi qualora ce l’avessi anche questa idea, devi avere il coraggio di crederci e di investirci tempo e denaro. 
Tornando al latte, essendo una produzione che non richiede spazi enormi come campi e capannoni, può essere dislocata in piccole realtà per cui si tornerebbe ad avere piccoli produttori di latte sparsi in tutto il territorio, si ridurrebbero i trasporti da un estremo all’altro e quindi si ridurrebbe l’inquinamento. Forse questo ragionamento ha senso in America, una realtà enormemente più grande della nostra piccola Italia. Quindi chissà mai se questo latte arriverà anche da noi. Io però sarei curiosa di assaggiarlo. Magari con un blind test, così magari rimango stupita dalle mie stesse papille gustative.

Infine l’ultima questione trattata riguarda il sapere comune per cui bisogna bere il latte perché ha il calcio che fa bene alle ossa e le rende resistenti. È proprio un sapere comune, perché non ci sono evidenze scientifiche a sostegno di questa affermazione. La ricerca in oggetto ha anzi dimostrato che più erano elevate le quantità di latte consumate, e di proteine animali in generale, più erano probabili la fratture alle ossa, soprattutto alle ossa della mano. È stato invece dimostrato che il calcio contenuto negli alimenti di origine vegetale, come nella cipolla, fortifica in modo più efficace le ossa rispetto al calcio presente nel latte.

Ma allora, dopo aver detto tutto ciò, perché alla televisione il ministero della salute ha fatto la pubblicità per incentivare il consumo di latte italiano chiamando a raccolta come testimoni numerosi volti famosi? Viene da dire per motivi economici, ovvero, incentivando il consumo di latte si aiutano gli allevatori italiani che non ricevono più incentivi dall’UE e hanno visto abolite le quote latte.

Detto questo ognuno è libero di pensare quello che vuole, in tutti i sensi. Se è stato abituato a bere latte fin da bambino e da adulto continua e non ne vuole sentire di smettere, oppure se crede che se solo lui cambia stile di vita ma tutti gli altri continuano lo stile di vita tradizionale sia inutile perché è una goccia nell’oceano, nessuna dice nulla in contrario, perché ricordo che non siamo qui per criticare o giudicare. Ricordo sempre, però che 1+1+1+1 … alla fine sommati fanno numero!


Ce ne sarebbe ancora molto da parlare, ma per il bene di tutti, metto fine qui, altrimenti è più veloce guardare il video di “Indovina chi viene a cena”. Buona riflessione e buona vita!