01 aprile 2024

Le persone e le etichette

Quello che scrivo sono spesso riflessioni su cose che mi sono personalmente accadute e se non altro servono a me come memento per il futuro.

Tratto da una storia vera di questo gennaio.

Le persone e le etichette.

Etichettare qualcosa serve per renderlo più facile da capire, conoscere, comprendere e classificare.

Le etichette semplificano la realtà e riducono il carico cognitivo di quello che dobbiamo imparare di nuovo.

Le etichette possono essere aggettivi o caratteristiche.

Possono essere positive o negative.

Sono limitanti.

Sono superficiali perché descrivono in modo veloce sia noi stessi sia l’altro.

Che lo si voglia o no, che ce ne rendiamo conto o no, quando ci viene data una etichetta ci conformiamo ad essa e ci comportiamo di conseguenza.

Quando io sono uscita dall’università di Scienza E Cultura Della Gastronomia E Della Ristorazione, non ero un cuoco, non ero nutrizionista, non ero tecnico alimentare, non ero chimico e nemmeno storico.

Ero una persona che sapeva diverse cose nell’ambito della gastronomia e della ristorazione.

Vai a trovare lavoro tu. Così. Per che posizione ti candidi? Chi sei? Cosa sai fare?

Io avevo bisogno di trovare un cappello sotto cui stare, che mi dicesse chi ero e validasse la mia scelta e il mio percorso.

Quando poi ho deciso di cambiare, ho ricominciato daccapo.
Chi sono? Cosa voglio fare? Perché voglio cambiare? Perché dovrebbero scegliere me?

Ok, forse l’ambito lavorativo è un po’diverso.
Sta sia a noi sia alla persona che abbiamo davanti essere abbastanza di ampie vedute e vedere la persona che abbiamo davanti. La persona. Non l’etichetta.

Etichettare qualcuno porta anche a minimizzare/screditare/ridurre (non mi viene la parola giusta) l’impegno della persona nell’aver ottenuto un buon risultato.

Se tu mi dici “eh ma tanto tu sei brava, perché sei la Cristina.” A me partono i 5 minuti, ma anche i 10 minuti, soprattutto se siamo all’università prima di un esame di chimica. Tu non sai la fatica che io ci ho messo nell’imparare quello che so e come lo so, il tempo che ho impiegato e le cose che avrei potuto fare piuttosto che bilanciare reazioni.

Le etichette distinguono in bianco o nero. Ma noi siamo la somma delle cosa che sappiamo fare, di come ci comportiamo, delle esperienze che viviamo e come le affrontiamo.

Il tempo passa, cambia. Noi ci evolviamo con esso.

Non siamo statici.

Non siamo un’etichetta.

Ricordatelo per la prossima volta.

Grazie a chi mi ha fatto questo discorso perché come vedi mi è rimasto impresso e ne avevo bisogno.

Until next time, buona vita!